Marciano della Chiana, nella Valdichiana aretina, conobbe un periodo di grande vitalità economica e culturale in età etrusca: durante il VI sec. a.C. il ricco incremento demografico sono testimoniati da vaste e ricche necropoli, i cui materiali si trovano esposti in vari musei italiani ed europei (come le tre sculture funerarie rappresentanti un torso virile, un leone ed una sfinge, adesso al Museo Archeologico Nazionale di Arezzo).
Sono stati inoltre rinvenuti, presso l’odierno abitato di Marciano, manufatti in ceramica, monili e il celebre Torso di Marciano, appartenente ad una statua raffigurante un guerriero, databili attorno al VI secolo a.C.
Da visitare è sicuramente il Castello di Marciano, la particolare posizione strategica del colle su cui sorge, al confine tra i territori di Arezzo e Siena, è uno dei principali motivi dell’importanza che Marciano ha rivestito nel passato.
Il Castello fu munito, dalla Repubblica fiorentina, tra la fine del XIII secolo e l’inizio del XIV secolo, della Rocca, delle Mura e della Torre.
La particolare conformazione rettangolo-trapezoidale, qualifica Marciano come un’architettura militare a differenza degli altri paesi limitrofi che avevano funzione abitativa.
Il Castello conserva i caratteri dell’insediamento medioevale: il perimetro murario è oggi inglobato nelle abitazioni che vi si sono addossate e racchiude il nucleo più antico dell’abitato cui si accede tramite una porta sovrastata da una torre con orologio recentemente restaurata.
All’interno del Castello, il piccolo agglomerato urbano è dominato dalla Torre e dalla Rocca insieme alla Chiesa parrocchiale e al Campanile.
Da visitare è anche la chiesa dei SS. Stefano ed Andrea, nella parte alta del centro abitato.
La Chiesa è stata edificata utilizzando parte delle mura castellane, abbattute nel tratto corrispondente, accanto alla rocca e separata da essa solo dalla stretta viuzza che porta al Porticciolo.
Infine la Chiesa di Santa Lucia e di San Michele Arcangelo, già pieve dal 1772 al 1967, fregiata da affreschi interni di Salvi Castellucci risalenti al XVII secolo.